L’effettiva utilità della medicina

La medicina moderna ha molte capacità potenziali, ma poca reale efficacia. Il suo maggiore sviluppo è senza dubbio il gran progresso nella diagnosi delle malattie, dalle più frequenti alle più rare. 
Le terapie e le vere guarigioni lasciano però molto a desiderare. L’effetto di un farmaco è immediato, nel senso che, per esempio, un antinevralgico può alleviare una cefalea nel giro di un’ora. La cronicità della cefalea non è invece attenuata, perché questa si ripresenta ancora nello stesso paziente.
C’è una differenza tra cura e guarigione non ancora percepita nemmeno dai medici. Cura è la soppressione immediata e veloce di un qualsiasi sintomo nel momento in cui si presenta, guarigione è la totale sparizione del sintomo. 
Posso mai dire al paziente che viene a visitarsi di prendere un antipertensivo, un antidepressivo, un ansiolitico, un antiasmatico, un corticosteroideo, un antidiabetico, … “per tutta la vita”? Credo di no, ma quanti colleghi medici lo fanno. I cosiddetti “malati cronici” riempiono le sale d’aspetto dei medici di base. Questi continuano per anni a prescrivere il medesimo farmaco allo stesso paziente in modo ininterrotto, salvo ogni tanto cambiarlo con un altro dello stesso tipo, in base alle esigenze, come la mancanza d’efficacia o l’inizio di effetti collaterali, che per essere annullati abbisognano d’altri medicamenti, e così via all’infinito. Devo dire che la colpa è anche delle multinazionali del farmaco che ne sollecitano l’uso in modo sproporzionato e della gratuità dei medicinali che inducono il malato a dire: “Dottore, mi prescriva qualcos’altro (pensando che tanto non spenderà nulla)”. Questo lo chiamo: “Morire gratis”. 
Qualcuno mi obietterà: “Ma non c’è proprio nulla di buono nella medicina? “ 
Credo che, con i dovuti “distinguo”, ci siano sei circostanze in cui è utile e valida. 

Prima è l’assistenza ai neonati. La possibilità di farli sopravvivere con l’ausilio di tecniche quali incubatrici, flebo, ossigenoterapia e quant’altro li aiuti a superare i momenti critici di una nascita prematura. 
Seconda è la possibilità di intervenire chirurgicamente in caso di malformazioni pericolose per la vita del neonato. Dobbiamo verificare se i medicinali prescritti alla madre in gravidanza sono causa della nascita prematura o della malformazione, per evitare altri casi simili. 
Terza è l’assistenza di terapia intensiva di rianimazione e di pronto soccorso in caso di malattie gravi quali l’infarto, l’ictus, gli incidenti con traumi che possono essere una banale ferita, una frattura, ma arrivare fino ad uno stato comatoso. 
Quarta è la possibilità di intervenire in modo veloce nelle allergie complicate da shock anafilattico con cortisone od adrenalina ed ossigeno che in questo caso salvano una vita. In buona percentuale i responsabili di queste allergie gravi sono i farmaci. 
Quinta è la terapia chirurgica generale in senso ampio, e particolare, come nel caso dei trapianti d’organo. Penso che la chirurgia sia il fallimento del farmaco, poiché prima di giungere al chirurgo il paziente è stato curato dal clinico, con l’evidente aggravamento dei sintomi sino alla completa compromissione di un organo o di un viscere che devono essere eliminati in parte o sostituiti, se necessari alla sopravvivenza come cuore, fegato, pancreas, reni. 
Sesta ed ultima è la possibilità di sopravvivenza in un paziente anziano, in condizioni precarie o in coma, con la speranza di un miglioramento dello stato generale e una riattivazione delle funzioni vitali. La causa di queste precarie condizioni non è l’eccesso di terapie effettuate nell’arco di una vita?
Vedete che i “distinguo” cui accennavo prima dipendono esclusivamente dai farmaci (dal greco: pharmakon = veleno). La medicina da una parte ti uccide, col farmaco; dall’altra tenta di salvarti, con la chirurgia.

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